Psicosomatica

XXIV Congresso: Violenza domestica

Intervista a Elena Calabrò
a cura di Elisa Faretta

Elena Calabrò, Psicologa Clinica specializzata in Psicoterapia ad Indirizzo Psicosomatico svolge l’attività di libera professionista su Milano e Provincia. Rivolge il suo intervento su adolescenti, adulti e coppie. Si occupa del trattamento dei diversi disagi psichici e dei disturbi psicosomatici con particolare attenzione al ruolo e alle valenze emozionali che il “corpo” assume nel contesto della relazione terapeutica. Utilizza Tecniche di Rilassamento e Percorsi Immaginativi sul singolo e in piccoli gruppi, esperta.nella somministrazione e valutazione di test psicologici (Rorshach, TAT, MMPI-2). Coordinatrice Psicosociale del Soccorso Violenza Sessuale e Domestica (SVSeD) della Clinica Mangiagalli di Milano si occupa ed è esperta del trattamento dei disturbi post-traumatici conseguenti alla violenza, della valutazione del rischio di recidiva e di trattamenti EMDR.
Si occupa di formazione realizzando o partecipando a progetti, insegnando e tenendo seminari sulle tematiche inerenti la violenza di genere che sono rivolti ad operatori psico-sociali, sanitari, delle istituzioni scolastiche, delle Forze dell’Ordine, oltre che a Magistrati e avvocati.

Aldilà dell’Amore: Violenza domestica e trauma complesso.

Vorrei presentare Elena Calabro’ che da anni si occupa di violenza domestica e sessuale all’interno del servizio SVSeD (Soccorso Violenza Sessuale e Domestica) in qualità di coordinatrice di questo servizio che è presente sul territorio Milanese dal 1996.

E. Faretta: In questo periodo storico la violenza in tutte le sue espressioni è spesso oggetto dei media, portare dati… Come definite voi la violenza sessuale e la violenza domestica?

E. Calabrò: Per quanto riguarda di violenza sessuale, noi facciamo molto riferimento alla definizione fornita dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che la declina come “qualsiasi atto, approccio o commento a sfondo sessuale perpetrato utilizzando coercizione fisica o psicologica da parte di chiunque, indipendentemente dalla relazione con la vittima.” È importante porre l’accento su quest’ultimo punto “indipendentemente dalla relazione con la vittima” perché ad uno degli stereotipi, dei falsi miti, che circondano la violenza sessuale, ossia quello per cui si pensa che in genere la violenza sessuale avviene prevalentemente ad opera di sconosciuti. Non è assolutamente così: nella maggioranza dei casi lo stupratore è una persona nota, conosciuta dalla donna, con la quale essa ha una qualche forma di relazione (un familiare, un collega di lavoro, un partner, un amico…). Aver riconosciuto, anche a livello legislativo, che la violenza sessuale è anche quella che può essere perpetrata dal coniuge, è stato un significativo cambiamento a livello culturale. Inoltre pensiamo che la violenza sessuale debba essere considerata come un vero e proprio attacco alla persona nella sua totalità che ha importanti conseguenze patologiche sullo stato di salute della vittima, sia a livello somatico, ma soprattutto a livello psichico. Quello che viene soprattutto messo in crisi è la fiducia nei confronti del mondo, degli altri, ma anche di se stessa, della propria possibilità di muoversi libera nel mondo.
Per quanto riguarda il maltrattamento, oltre ad avere ben chiara la definizione che ne da il nostro Codice Penale, da un punto di vista delle scienze psicosociali, Molte le definizioni possibili, tra le tante quella fornita dalla Task Force dell’APA (1996) definisce la violenza domestica come “ un pattern comportamentale violento, che include una vasta gamma di maltrattamenti fisici, sessuali e psicologici, usati da una persona nei confronti di un’altra nell’ambito di una relazione intima al fine di ottenere o mantenere un costante potere, controllo ed autorità sulla vittima”. La violenza domestica è la forma più comune di violenza contro le donne il cui obiettivo è ottenere potere e controllo sulla vittima al fine di dominarla e sottometterla.

E. Faretta: Quali sono i bisogni, le richieste, espresse dalle donne che giungono presso il vostro centro?

E. Calabrò: I bisogni espressi più o meno chiaramente dalle donne che hanno subito violenza sono molteplici e complessi e proprio in virtù di questo richiedono l’attivazione di diversi professionisti e diverse professionalità. Si ha la necessità di adottare un approccio multidisciplinare integrato che permetta di accogliere la complessità e molteplicità di richieste. Queste variano in funzione di molteplici fattori tra cui un peso significativo ricoprono il tipo di violenza subita, il rapporto con l’aggressore, il “quando” è avvenuta la violenza (è pregressa?, è avvenuta nel presente?, è ancora in atto?). L’intervento, quindi, cambia a seconda che questo si collochi nell’ambito dell’emergenza oppure nella complessa e successiva fase dell’eventuale presa in carico.
Sicuramente tutte hanno il bisogno di sentirsi accolte, credute, non giudicate, rassicurate sulla loro non responsabilità rispetto all’accaduto di cui sono vittima. Il momento del “primo contatto” con la vittima è importante venga effettuato in maniera corretta, evitando risposte inadeguate, banalizzazioni, atteggiamenti giudicanti o accusatori che possono provocare un ulteriore trauma alla donna violata, dal momento che anche un fallimento empatico può avere effetti devastanti.
Nel caso in cui si tratti di donne che hanno subito violenza sessuale, la prima richiesta è sicuramente di carattere sanitario, vogliono essere rassicurate sulla loro condizione fisica, ed è per questo che la prima cosa che si fa è un’accoglienza integrata tra psicologa) e ginecologa, che accolgono la donna che è stata vittima di violenza sessuale e le fanno un colloquio di accoglienza. Poi si accompagna la donna alla visita ginecologica, al fine di restituirle un senso di integrità corporea (è questa un’esigenza che avvertono come impellente le donne: si sentono contaminate, si sentono sporcate e hanno bisogno di essere rassicurate sulla loro condizione di salute). Vengono poi proposti dei follow up sanitari successivi e soprattutto un eventuale lavoro psicologico sull’elaborazione del trauma connesso alla violenza sessuale.
Quando invece si tratta di donne che hanno subito maltrattamenti le richieste sono, diciamo così, più variegate, perché dipende se arrivano in una situazione acuta di una situazione cronica (qual è il maltrattamento) ossia nel momento proprio dell’emergenza in cui sono state picchiate oppure in un momento successivo, di “relativa calma”.
Nella fase dell’emergenza la prima richiesta è quella di essere messe in sicurezza, quindi ad esempio far sì che il marito venga allontanato dal domicilio o di essere collocata lei, e i suoi eventuali figli in un luogo protetto. A questo si aggiunge, naturalmente una richiesta di cure sanitarie per le ferite e lesioni conseguenti il recente assalto fisico e un sostegno psicologico per far fronte alle ferite dell’anima e al recupero delle proprie risorse necessarie ad intraprendere un percorso di uscita dalla violenza.
Poi ci sono le situazioni in cui le donne arrivano già su appuntamento, quindi hanno già meditato un percorso e si sono già riconosciute vittime di violenza domestica, Bisogna dunque vedere a quale punto del percorso di uscita dalla violenza si trovano queste donne, ed in quale fase della spirale della violenza. Quindi le richieste variano di caso in caso a seconda della loro storia e del momento storico della violenza che stanno subendo.
Altra richiesta spesso espressa è la consulenza legale, civile e /o penale.

E. Faretta: È possibile superare il trauma derivante da eventi cosi’ dolorosi e che comportano conseguenze pesanti sia a livello individuale, che famigliare e sociale?

E. Calabrò: La violenza subita non si dimentica, ma si può favorire un’elaborazione delle emozioni connesse all’evento traumatico ed aiutare le “vittime” a recuperare il proprio slancio evolutivo al fine di evitare la costruzione di un’identità che sia completamente identificata con il Trauma subito. Il percorso è lungo e spesso non facile, ma le donne, adeguatamente supportate, riescono a rientrare in possesso della loro vita. Amo pensare, soprattutto nelle situazioni di maltrattamento, alle vittime come “donne in situazioni di temporanea difficoltà”.

E. Faretta: Quali sono le principali azioni del Centro, sia in riferimento ai casi di violenza sessuale che in riferimento a quelli di violenza domestica?

E. Calabrò: Il SVSeD è aperto al pubblico tutti i giorni feriali dalle 9 alle 17. Durante l’orario di apertura sono sempre presenti una infermiera, due assistenti sociali, due psicologhe-psicoterapeute; inoltre sono reperibili h24 una ginecologa ed un medico legale e nelle ore notturne un’infermiera/ostetrica per quanto riguarda le situazioni di violenza sessuale, mentre la reperibilità h 24 per la violenza domestica è garantita dalle assistenti sociali e psicologhe.
Il SVSeD offre quindi un’assistenza sanitaria e medico-legale e un’accoglienza integrata psico-socio-sanitaria che garantisce un’attenzione e una risposta mirata ai molteplici bisogni delle persone vittime di violenza, infatti se è vero che vi è un corpo che viene vessato e ferito e che pertanto ha bisogno di cure mediche immediate, è altrettanto vero che i danni a livello psichico sono ingenti e devastanti.. Fondamentale, inoltre, è la valutazione del rischio di recidiva di maltrattamento e femminicidio tanto in situazioni d’emergenza/urgenza quanto nel corso di monitoraggi che le operatrici psicosociali SVSeD effettuano nelle situazioni di violenza intrafamiliare; oltre alla costruzione condivisa di progetti psicosociali, sia in fase d’emergenza che in fase successiva, per percorsi di uscita dalla violenza. Inoltre significativa è la presa in carico psicologica per l’elaborazione in fase di acuzie del trauma conseguente alla violenza al fine di contenere i vissuti di paura, angoscia, disperazione. In ultimo, ma non per importanza, l’attivazione della consulenza e del sostegno legale penale e civile e attività di formazione, informazione e sensibilizzazione per operatori sanitari, psicosociali, Forze dell’Ordine, Polizia Locale, avvocati, magistrati, insegnanti sui temi inerenti la violenza di genere.

E. Faretta: Presso il vostro Servizio utilizzate anche la mediazione familiare nei casi di violenza domestica?

E. Calabrò: No, perché la mediazione non è attuabile nelle situazioni di maltrattamento, ma solo nelle conflittualità di coppia. In letteratura vi sono posizioni contrastanti rispetto l’efficacia della mediazione nei casi di violenza domestica in linea di massima, però sia in Italia che all’estero i Centri antiviolenza rifiutano tale strumento per motivi vari che attengono ad aspetti quali la sicurezza, lo sbilanciamento di potere a favore del maltrattante (spesso uomo), la presenza di paura nella vittima che pone in una condizione asimmetrica e di non equità nei confronti del partner.