3. Nosografia Psicosomatica

Consensus |  Nosografia Psicosomatica

3.1 E’ psicosomatico qualunque evento fisiopatologico che sia in rapporto con la psiche (Weiss e English).
Detto questo, l’elenco che segue sembra superfluo ma risponde alle esigenze di completezza del consensus.

3.2 Fattori psichici che incidono sulla condizione fisica: il DSM-IV ritiene di non poter dimenticare quelli che letteralmente chiama “i disturbi che in passato si definivano “psicosomatici” o “psicofisiologici” e li colloca in questa categoria spiegando che certi eventi, anche privi di gravità obiettiva, ma vissuti con intensa emotività (p.es. un gesto, una parola, una notizia, ecc.) possono provocare l’esordio o l’esarcerbazione di un disturbo fisico, magari un unico sintomo (come il vomito).
Secondo il DSM, esempi di condizioni fisiche per le quali questa categoria può essere appropriata, ma senza limitarsi ad essi, sono: cefalea da tensione, angina pectoris, dismenorrea, dolore sacro-iliaco, neurodermatite, acne, asma, obesità, tachicardia, aritmie, ulcera gastroduodenale, cardiospasmo, nausea e vomito, colite ulcerosa, pollachiura, specie se tale correlazione temporale si verifica ripetutamente.

3.3 Disturbi somatoformi (DSM-IV): “disturbi “fisici”, con negatività strumentale, concettualizzabili per mezzo di congetture psicologiche”.

3.3.a Disturbo da dismorfismo corporeo (dismorfofobia) – Convinzione, al limite del delirio, di imperfezioni di viso, naso, bocca, seni, gambe, ecc.
Non rientrano in questa categoria il delirio dermatozoico (sindrome di Ekbom, animaletti sotto la pelle), il delirio di negazione (s. di Cotard, visceri putrefatti o atrofizzati), la sinistrosi (enfatizzazione, a scopo di risarcimento, di danni da incidente), le dispercezioni corporee (alterata correlazione tra corpo vissuto e immagine del corpo come nell’anoressia nervosa): patologie di stretta pertinenza psichiatrica.

3.3.b Disturbo di conversione (o nevrosi isterica, tipo conversione). Alterazione o perdita di un funzione, che suggerisce un disturbo fisico, ma che invece è apparentemente l’espressione di un conflitto o di un bisogno psicologico. Vi rientrano: paralisi, afonia, convulsioni, discinesie, cecità, visione a tunnel, anosmia, anestesie e parestesie, astasia-abasia; disturbi, in genere, di breve durata, scatenati da situazioni di stress, con esordio e risoluzione improvvisi. In questa categoria si possono aggiungere il vomito psicogeno e la pseudociesi (gravidanza immaginaria o isterica).
Agli inizi, la psicosomatica escludeva dalla propria nosografia i fenomeni isterici ritenendo psicosomatici solo i disturbi a carico della muscolatura liscia e pitiatici quelli della muscolatura striata. Tale distinzione decade seguendo la definizione riportata in 3.1.

3.3.c Ipocondria (o nevrosi ipocondriaca). Corrisponde alla nevrosi d’allarme neuroastenico della Scuola italiana (20) Patofobia (paura di tumore, infarto, AIDS, ecc.) non delirante (il p. è consapevole di supervalutare i suoi sintomi), focalizzata su un organo (nevrosi cardiaca, nevrosi reumatica, colon irritabile) o generalizzata sull’intero organismo (palpitazioni, floating o instabilità dell’equilibrio come da galleggiamento, fame d’aria, bolo, tirature nucali, parestesie, iperidrosi, infiniti “come se”, difficoltà alessitimica di spiegarsi) nel quadro tipico del “malato immaginario”. Tale disturbo si instaura spesso dopo l’esperienza di un attacco di panico (un tempo definito “allarme acuto”).

3.3.d Disturbo di somatizzazione. Simile all’ipocondria ma più grave e con decorso cronico seppure fluttuante. Storie cliniche colme di esami, visite, ricette, ricoveri, interventi chirurgici. Le lamentele più frequenti riguardano fastidi gastrointestinali, mancamenti, testa confusa (o piena o vuota), difficoltà nella deambulazione, problemi urogenitali (pollachiura, dismenorrea) e psicosessuali (astenia, anedonia, calo di libido, dispareunia), visione confusa, acufeni, pruriti, ansia, comportamento asociale con difficoltà lavorative oltre che familiari e coniugali, e – soprattutto e costante – uno stato depressivo per cui tale disturbo viene definito anche “depressione mascherata”.
Questi soggetti sono non-responder a qualunque trattamento, angosciati dal ritornello “lei non ha niente”, un po’ soddisfatti quando qualche medico li gratifica con diagnosi di comodo (tipo artrosi cervicale o ernia jatale); spesso si presentano ai tanti medici che consultano con elenchi dettagliati di sintomi (Charcot li chiamava: malade au petit papier).

3.3.e Disturbo da dolore somatoforme (disturbo algico, pain disorder). Dolori sine materia (psicalgie), non giustificati da reperti obiettivi clinici o strumentali, che mimano entità nosologiche note (tipo sciatica o angina) o che non corrispondono all’anatomia (dolori a guanto o a calza). Rientrano in questa categoria molti casi di low back pain, le nevrosi post-traumatiche psicogene, la sindrome dell'”arto fantasma” (dolore urente all’arto amputato), i dolori boccali da mancato adattamento alla protesi dentaria, le fibromialgie, la glossodinia (bruciore delle fauci).

3.3.f Disturbo somatoforme indifferenziato. Questa categoria raccoglie casi-limite che non rientrano nei quadri clinici suddetti ma che presentano disturbi parimenti ingiustificati ed esasperati, come grossolana astenia o adinamia (da non confondersi con la sindrome di astenia cronica o chronic fatigue syndrome), difficoltà a deglutire, laringospasmo, bruxismo, eccessive eruttazioni, suoni compulsivi con bocca e/o naso tipo tic, stranezze deambulatorie, pseudo torcicollo spastico, tremori, balbuzie.

3.3.g Disturbi fittizi con sintomi fisici, prodotti o finti dal soggetto (che è compulsivamente incapace di evitarli pur essendo consapevole dei rischi) per il raggiungimento di obiettivi inconsci. Non è simulazione ma bisogno di fare il malato. Esempi: tricotillomania, patomimia, ferite da grattamento, ascessi da iniezione intradermica di saliva, e soprattutto la sindrome di Münchausen, disturbo cronico con molteplici ricoveri e interventi chirurgici (“addome a graticola”) per dolori addominali presentati in modo drammatico e urgente, vomito, perdite di coscienza, emottisi, febbre, rash, sanguinamenti.

3.3.h Disturbi alimentari psicogeni. Alternanza di episodi di anoressia e bulimia, fame nervosa, binge-purge syndrome (= abbuffata e successiva “purificazione” con vomito provocato).

3.4 Reazioni psicosomatiche. Sono fenomeni a corto circuito, transitori, ai limiti della patologia, determinati da un evento-stimolo, che hanno un contenuto emotivo in rapporto di derivazione comprensibile con l’avvenimento causale e che seguono cronologicamente l’evento, cessando con la cessazione di questo. Nelle reazioni psicosomatiche manca una elaborazione intrapsichica dell’evento, e la partecipazione della personalità è limitata.
Esempio tipico è la reazione di spavento-paura (spavento è la percezione sensoriale improvvisa di minaccia, paura è la comprensione del pericolo corso o incombente): tachicardia, iperpnea, ipertensione, sudore freddo, tremore, svenimento, rossore o pallore del viso (e contemporanee iperemia o ischemia della mucosa del colon), “pugno sullo stomaco”.
La reazione psicosomatica può essere immediata ma anche ritardata.
A molti life events stressanti la reazione si manifesta dopo un “periodo di latenza”: “quando credevo di aver superato l’evento ho cominciato a sentirmi male”. Sembra che la somatizzazione possa realizzarsi solo dopo che si sono affrontati i problemi più urgenti e concreti creati dall’evento. Frequente reazione psicosomatica è la sindrome di insicurezza organica per mancato recupero dopo un trattamento (chirurgico o con antibiotici) che troppo in fretta restituisce alle società un soggetto che non sta ancora bene.
La reazione psicosomatica può anche provocare, seppure raramente, grossi danni persino letali.
Esempi. L’infarto che colpisce il tifoso che segue sugli spalti un’azione di gioco. Il cancro che distrugge in pochi mesi il grosso personaggio che ha appena perduto drammaticamente potere, prestigio, onorabilità, fama. Il crepacuore che uccide chi è appena rimasto vedovo. La canizie improvvisa che colpì Tommaso Moro e Ludovico Sforza appena seppero di essere stati condannati a morte.

3.5 Psicosomatosi (o malattie psicosomatiche o nevrosi d’organo). Il passaggio da reazione a malattia è determinato dalla cronicizzazione sia dello stimolo emotivo (che, da “evento”, diventa “situazione”) sia della correlata risposta dell’organismo.
Esempio: la fisiologica reazione ipertensiva da tamponamento si risolve spontaneamente in pochi minuti; ma se un soggetto è metaforicamente “tamponato” di continuo da una insopportabile situazione di disagio, sul lavoro o in famiglia, sarà in perenne allarme, e la sua pressione arteriosa si stabilizzerà pericolosamente su livelli elevati determinando una ipertensione arteriosa psicosomatica.
Nella malattia psicosomatica la situazione-stimolo subisce un’elaborazione intrapsichica (meccanismo che la vecchia terminologia psichiatrica italiana definiva psicogenetico in contrapposizione a quello psicogeno del corto circuito) che chiama in causa la personalità. Da qui il valore della personalità premorbosa (Dumbar) come “precursore” di malattia e quindi il significato degli interventi preventivi e psicoterapici per modificare le abitudini di vita.
Agli inizi della MP si sono definite “psicosomatiche” alcune malattie nelle quali i fattori emozionali apparivano etiologicamente prevalenti o precipitanti: coronaropatie, ipertensione arteriosa, asma, colite, alopecia atopica, dismenorrea, ecc.
Ma poi il concetto di psicogenesi è stato ridimensionato poiché molte ricerche hanno dimostrato che le variabili psicologiche e sociali sono una classe di fattori etiologici in tutte le malattie, anche se il loro peso relativo può variare da malattia a malattia, da un individuo all’altro, e da un episodio all’altro della stessa malattia nella stessa persona (65). Già nell’80 Fava titolava un paragrafo di una sua relazione “Un requiem per la malattia psicosomatica”.
In effetti oggi non è più in uso (né corretto) parlare di malattie psicosomatiche. In tutte le malattie esiste potenzialmente una componente psicosomatica per la quale si richiede un approccio di tipo psicosomatico. Per indicare la presenza di una significativa componente nella patogenesi di una malattia è preferibile parlare di psicosomatosi.
Altro ridimensionamento riguarda il termine “nevrosi d’organo”. I più recenti studi di psicoanalisi hanno individuato nei pazienti psicosomatici un disturbo primitivo di personalità molto più vicino al disturbo borderline che alla nevrosi.