7. Prospettive Terapeutiche

Consensus |  Prospettive Terapeutiche

 

7.1 La MP è praticamente nata quando ha saputo e potuto confermare l’antico e indiscusso concetto della “malattia ex-emotione” offrendo ragionevoli spiegazioni patogenetiche e, soprattutto, convincenti strumenti terapeutici.

7.2
Ogni fenomeno psicosomatico è caratterizzato da una causa psicologica e da un effetto somatico. Se la causa di un disturbo è psichica, è su quel piano che bisogna intervenire e cioè con terapie psicologiche, anche se poi il disturbo si somatizza. Ma se l’effetto del disturbo consiste in una disfunzione a livello di qualunque organo, è necessario associare opportuni sintomatici, anche perché questa è la specifica ed urgente richiesta da parte del malato. Per abbattere un aereo occorrono missili e non siluri. Ma se la bomba lanciata dall’aereo ha provocato un incendio c’è bisogno pure degli estintori.

7.3
Psicoterapia. Il termine psicoterapia comprende l’insieme degli strumenti psicologici che possono essere utilizzati a scopo terapeutico (51). La psicoterapia non ha la presunzione di guarire una malattia organica la cui patogenesi è sempre multifattoriale: può solo migliorare l’adattamento psicosociale alla malattia ed influire positivamente sul suo decorso (42). Può anche ottimizzare le modalità di reazione affinché si riducano i rischi di ricaduta. Esistono due livelli di psicoterapia: elementare e professionale. La psicoterapia elementare è riservata ai non specialisti: dai familiari agli amici, dai sacerdoti ai medici. E’ psicoterapia già un atteggiamento amichevole e accogliente (il cosiddetto colpo sulla spalla), come lo sono l’incoraggiamento e l’invito alla speranza. Lo è soprattutto l’ascolto di ogni sfogo, che di per sé è sempre salutare: poiché, in due, la gioia si raddoppia mentre il dolore si dimezza, sfogarsi corrisponde a portare una valigia di 20 Kg ma trovare qualcuno che si offre di prenderne un manico in due. La psicoterapia professionale è strettamente riservata, anche per legge, a coloro che, laureati in medicina o psicologia, sono stati ammessi all’albo degli psicoterapeuti. La psicoterapia del medico non è certo quella professionale, anche se è ad un livello ragionevolmente superiore a quella generica della solidarietà umana e del supporto sociale. In effetti non è psicoterapia e quindi non va così definita. E’ più corretto parlare di psicologia del rapporto medico-paziente (vedi 11.1).
7.3.a
L’invio del p. allo psicoterapeuta avviene quando il rapporto medico-paziente nella formula one-to-one si è esaurito e non è più in grado di essere ulteriormente utile, per cui è opportuno che il p. venga seguìto anche dallo psicoterapeuta (rapporto two-to-one).
7.3.b
Come “presentare” la psicoterapia. Se un medico manda un p. a farsi un’analisi o un’operazione, il p. già sa di che si tratta. Ma quando consiglia una psicoterapia deve spiegare molte cose, anche per avere il dovuto consenso informato, e in particolare: – che cos’è la psicoterapia Una serie più o meno lunga (mesi) di incontri, in genere settimanali o bisettimanali, in cui si parla (di emozioni e sentimenti, di ricordi e di sogni, di persone e di fatti, di sé e degli altri). – Non c’è da temerla La mente di un nevrotico è come una biblioteca ricca ma disordinata. Si sa di possedere un certo libro ma non si riesce a trovarlo. Bisogna buttare giù tutto, spolverare, e rimettere a posto i libri nell’ordine voluto. Alla fine la biblioteca avrà gli stessi volumi di prima, cioè l’individuo resterà quello che è, senza perdere niente, salvo che non voglia disfarsi di qualche “libro” inutile. Avventurarsi nei meandri della psiche può sembrare pericoloso. Come un safari. Si, se ci si prova da soli. No, se ci si giova di una guida: lo psicoterapeuta. Si può temere di scoprire chissà che brutte cose nell’inconscio. Tale scoperta è possibile, persino probabile, anzi auspicata per far cessare quella guerra civile che è il conflitto intrapsichico. Ammesso che, dentro, ci sia un mostro, è chiaro che c’è anche un angelo che lo tiene a bada, visto che finora ha fatto soffrire ma non ha provocato mostruosità. – Non c’è da sottovalutarla Sono parole, non chiacchiere. Il potere delle parole è enorme, quasi infinito: permettono di capire e maturare, spalancano la porta alla libertà e alla promozione. – Chi è lo psicoterapeuta Un professionista che ha studiato per comprendere motivazioni e comportamenti, situazioni di vita e nodi dell’esistenza, e che ha maturato una sua esperienza specifica. Se darà consigli, questi saranno al di fuori di ogni codice che non sia quello (unico) della salute mentale del p. e della sua economia psichica. – Non va temuto Non è uno strizzacervelli superdotato che vede e capisce tutto e trova soluzioni magiche: è solo un esperto traduttore che svela i messaggi dell’inconscio. Simile alla giovane simultaneista che, in un congresso, riferisce in cuffia, ma in italiano, ciò che un barbuto scienziato sta predicando in tedesco al microfono. Non è vero che poi non se ne potrà più fare a meno. La psicoterapia può riuscire o no, come ogni tipo di cura. Se riesce, produce uno sblocco e una crescita per cui il p. matura e si riconosce autosufficiente. Se non riesce, la si interrompe. In ogni caso non c’è dipendenza salvo che in misura modesta e in un modo particolare, che peraltro si risolve alla fine del rapporto terapeutico. Non è invadente né invasivo né plagiante. Ha un atteggiamento riservato ma comprensivo e disponibile. Non é più amorfo e distaccato come lo voleva Freud (“uno specchio per il paziente”) ma gestisce la relazione in modo che il p. si senta trattato in modo diverso dalle precedenti relazioni e, in base a questa nuova esperienza, proceda nel cambiamento emotivo, cognitivo, relazionale. Si potrà amare o odiare (transfert); in effetti tali sentimenti sono possibili, ma riferiti ad altre persone. Saperlo disponibile è un grosso sollievo, un prezioso “punto di riferimento”. Qualunque cosa succeda, il p. può pensare “non importa: ne parlerò con lui alla prossima seduta”, e l’evento cessa di bruciare.

7.3.c
La scelta dello psicoterapeuta deve essere particolarmente mirata. Essa dipende da vari elementi: tipo di patologia, caratteristiche personologiche del p., suo livello socio-culturale, possibilità concrete (logistiche, economiche, di tempo). 7.3.d A chi consigliare la psicoterapia. Contrariamente alla chirurgia, che esclude il p. mediante l’anestesia, la psicoterapia è efficace nella misura in cui l’utente partecipa e collabora. Perciò la psicoterapia richiede determinate caratteristiche da parte di chi vi si sottopone. – Età. Si può dire che le indicazioni ottimali della psicoterapia decrescono in parallelo con l’età, però la psicoterapia “breve”, essendo focalizzata su un determinato problema attuale, può attuarsi a qualunque età. – Livello intellettivo e culturale. Un vocabolario troppo povero ostacola una cura fatta con le parole, una intelligenza inferiore impedisce la comprensione delle interpretazioni, una scarsa cultura comporta l’inviolabilità di rigidi pregiudizi. Però queste difficoltà possono essere superate se il p. ha capacità introspettive, fiducia nel trattamento (e nel terapeuta), disponibilità a mettere in discussione certe sue abitudini o convinzioni. – Situazioni socio-ambientali. Ci sono famiglie in cui il detentore del potere “non crede” alla psicoterapia perciò la osteggia, contagiando scetticismo. Ci sono situazioni sociali o cliniche (come un lutto o una malattia invalidante) talmente irreversibili per cui tutto pare inutile. Ma anche in questi casi la psicoterapia breve ha sempre una sua utilità perché il suo obiettivo primario è sempre il rafforzamento dell’io ai fini di un adattamento ottimale seppure limitato. – Motivazioni. Diceva Dostojewski che si può portare un cavallo all’abbeveratoio ma poi non lo si può costringere a bere. Così è inutile “mandare” qualcuno in psicoterapia se il soggetto non vuole. Il p. deve essere “motivato” alla psicoterapia: ciò non significa aver fiducia cieca, il che sarebbe un altro pericolo, ma neanche scetticismo eccessivo. L’optimum è un misto di ragionevole speranza e di grande curiosità: quanto basta per favorire la disponibilità ad esaminarsi e i tentativi di sperimentare modesti ma sostanziali cambiamenti comportamentali. – Forza dell’io. Esistono le cosiddette personalità dall’io debole: per loro l’unica psicoterapia possibile è quella “direttiva”. Esistono personalità rigide, inflessibili, timorose, piene di preconcetti: con loro lo psicoterapeuta può solo agire da “compagno di viaggio” limitandosi a seguire (più che guidare) il p. e cercando solo di evitargli peggioramenti. Esistono personalità affettivamente aride, incapaci di nutrire o riconoscere sentimenti di sorta, che valutano tutto in chiave concreta e venale, che non hanno sogni né fantasie, capiscono il sesso ma non l’amore, nel mendicante vedono il fannullone e non l’indigente, nel depresso il vile e non il malato: per loro la psicoterapia non esiste, né c’è caso che la cerchino. 7.4 Le psicoterapie sono tante quanti sono gli psicoterapeuti, poiché è inevitabile che ciascuno aggiunga alla tecnica qualcosa di suo, proveniente dal proprio patrimonio esperienziale e culturale. In India, dove le sette religiose sono molte, e solo a 18 anni ognuno sceglie quella che gli sembra più congeniale, si dice che le religioni sono come i sentieri che file di formiche percorrono per arrivare comunque alla cima di un montarozzo su cui c’è del cibo da portar via. Ogni setta è un sentiero che porta in cima, che porta a Dio. L’importante è arrivare lassù: sia un Dio, sia la salute. Come e dove, sono fattori secondari. Le varie psicoterapie sono potenzialmente tutte valide. Tutti dichiarano di ottenere soddisfacenti risultati in una buona percentuale. In realtà, in psicoterapia il successo è dovuto non solo alla tecnica, al metodo, alla Scuola, ma anche allo psicoterapeuta. Le diverse psicoterapie convergono tutte verso il comune obiettivo della crescita e della promozione dell’io, della soluzione (sia pure approssimativa) dei problemi, della liberazione dalla sofferenza. Ma ciascuna ha ovviamente una connotazione specifica che la differenzia dalle altre. Letteratura ed esperienza indicano che alcune psicoterapie sono più utili di altre in psicosomatica. Non esistono criteri standardizzati per associare ad ogni tipo di psicosomatosi una determinata psicoterapia, ma solo indicazioni di massima. In genere il p. psicosomatico è più accessibile e propenso a psicoterapie centrate sul sé (bioenergetica, gestalt) e a quelle che affrontano rapidamente il problema più urgente (ansia, sintomo) come la cognitivo-comportamentale, la relazionale, la transazionale. Il p. religioso è più portato alla logoterapia. Il p. con palesi problemi di coppia o di famiglia accetta più volentieri la relazionale. La psicoterapia psicoanalitica é stata sempre ritenuta poco produttiva nel trattamento dei pazienti psicosomatici, specie i più alessitimici. Ma le psicoterapie ad indirizzo psicoanalitico, più flessibili e più brevi, si vanno evolvendo ed adattando anche a patologie e situazioni diverse rispetto al passato. Nella pratica clinica l’emergenza delle dinamiche inconsce permette un sensibile cambiamento di atteggiamento nei confronti della malattia con possibili effetti favorevoli sul suo decorso. L’ideale sarebbe che ogni psicoterapeuta, pur formato in una determinata Scuola, conoscesse qualcosa anche delle altre, affinché sia lui ad adeguarsi al p. piuttosto che forzare il p. in un dato schema teorico. L’accordo è ormai univoco sull’opportunità di un certo eclettismo dello psicoterapeuta. Ovviamente si tratta di un eclettismo limitato, culturale, integrato in una formazione acquisita in un indirizzo ben definito.

7.5

La cosidetta psicoterapia breve (PB) è la tecnica privilegiata in assoluto in MP. “Breve” non significa solo che finisce presto. Al limite, può durare anche anni, ma con sedute distanziate e con un rapporto paziente-terapeuta comunque provvisorio e rallentato. In genere la psicoterapia breve si esaurisce in un numero di sedute (di 45-50 minuti l’una) da 5 a 10 ma può arrivare anche a 20-30, settimanali le prime, mensili le ultime. La caratteristica della psicoterapia breve consiste, più che sul tempo, sul ruolo attivo del terapeuta. Secondo Balint la tecnica rende attivo pure il p.; Ferenczi, che propose la PB già nel 1916, la chiamava psicoterapia attiva. La tecnica ha subìto qualche variazione con Alexander (1946), Balint (1966), Malan (1975), Bellak e Small (1970), Gillieron (1983), ecc.71 Punti-chiave della PB sono:
7.5.a la limitazione temporale 7.5.b la definizione del focus e degli obiettivi (goal setting): non è in programma la ristrutturazione della personalità ma la soluzione di un determinato problema (obiettivo circoscritto) 7.5.c favorire l’insight con spiegazioni e interpretazioni date con chiarezza e col giusto timing
7.5.d stimolare la rielaborazione (working through) per la ricerca di soluzioni più economiche di quelle nevrotiche 7.5.e offrire rassicurazioni e sostegno (perciò si chiama anche psicoterapia “di sostegno” o “di supporto”) quasi prestando un io ausiliare in aiuto all’io del p.

7.6 La PB è valida anche nelle situazioni di crisi. La parola “crisi” deriva dal greco “krisis” che significa scelta o decisione, da “krino”: distinguere, giudicare. Il corrispondente ideogramma cinese esprime ancora meglio il concetto di duplice finalità del termine in quanto è costituito dalla combinazione di due ideogrammi che rappresentano l’uno il pericolo e l’altro l’opportunità. Un esempio di persona in crisi è quello di chi sta salendo su una scala a pioli, fragile e pericolante, per accedere al piano superiore: a metà salita è esposto al rischio di rovinare al suolo oppure alla possibilità di raggiungere la meta. Si parla di crisi psicologiche, esistenziali, economiche, politiche, di governo, ecc. In comune c’è il concetto di momento cruciale di una situazione, e quindi necessità di un cambiamento, in bene o in male. Rotto l’equilibrio pre-esistente, si tratta di giudicare (la nuova situazione) e scegliere (l’adattamento ottimale). Nello stato di crisi, specie se somatizzato, il soggetto è reso particolarmente influenzabile dal bisogno di aiuto ed è molto vulnerabile sul piano sia fisico che psichico. Perciò l’intervento psicoterapico appare, in questi casi, di estrema validità, ad un tempo terapeutica e preventiva. E’ l’intervento più valido per ogni Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD). Da una crisi si può non uscire – nel senso di una penosa ed eterna rassegnazione, con toni ora disperati ora aggressivi – ma si può anche uscire addirittura arricchiti da un’esperienza che, per quanto sconvolgente, può sempre possedere motivi di crescita a di maturazione.

7.7 Altri interventi psicologici utili in MP sono le tecniche di rilassamento, il biofeedback, l’ipnosi. In MP le terapie di rilassamento sono generalmente gradite all’utenza per vari motivi: – per l’effettivo e immediato giovamento sui sintomi più frequenti (tensione muscolare, calore, fame d’aria, malessere da astenia e parestesie, tachicardia, ecc.). – per la novità che si contrappone a trattamenti tradizionali che hanno deluso e creato scetticismo e pregiudizi verso gli psicofarmaci. – per il legittimo piacere di scoprirsi capaci di modificare col pensiero determinate sensazioni e di potersi riappropriare di parti di corpo che sembravano traditrici.
7.7.a Il Training autogeno (Schultz, 1932) è un metodo di autodistensione da concentrazione psichica. Consiste in una serie di esercitazioni strutturate al fine di controllare alcuni processi psicofisiologici e sviluppare alcune sensazioni particolari come calma, pesantezza, calore (rilassamento mind-to-body). Sono previsti 6 esercizi inferiori, ognuno dei quali prepara il successivo: 1 – pesantezza, 2 – calore, 3 – percezione e regolazione del battito cardiaco, 4 – regolazione del respiro, 5 – sviluppo di calore al plesso solare, 6 – sviluppo di freschezza alla fronte. Un vantaggio del TA è che tende a responsabilizzare il soggetto perché richiede un impegno sistematico personale (training) per conseguire risultati. Tuttavia è necessario un operatore esterno nella fase di apprendimento.
7.7.b Il rilassamento muscolare progressivo (Jacobson, 1929) deriva dalla considerazione che bassi livelli di tensione muscolare sarebbero incompatibili con una condizione ansiosa (inibizione reciproca di Wolpe): esercitandosi a controllare le tensioni muscolari collegate con ansia, fobie, timidezza, il soggetto può dominare queste emozioni negative (rilassamento body-to-mind).
7.7.c Le psicoterapie di rilassamento ad orientamento psicodinamico: relaxation o rilassamento psicotonico di Ajuraguerra, rilassamento ad induzioni multiple di Sapir, rilassamento terapeutico di Berges-Bounes. La mediazione corporea ed il rapporto con il terapeuta si offrono come strumenti per favorire una migliore conoscenza di se stessi e delle proprie reazioni emozionali, a partire da come esse si legano al tono muscolare e alle sue fluttuazioni. 7.7.d Il RAT (Piscicelli, 1974) o training autogeno respiratorio è un TA senza suggestioni, per ottenere un “tono di riposo muscolare” ed una “vigilanza passiva” simili allo stato di pre-sonno. Il p. riesce, in tre fasi, a raccogliere le singole sensazioni propriocettive (di peso, calore, contatto, consistenza) e riconnetterle in un equilibrio più soddisfacente. Il RAT è accessibile anche a chi ha qualche resistenza al rilassamento.
7.7.e Il Biofeedback (1969) è un processo con cui il soggetto può apprendere come influire su risposte fisiologiche non controllabili per natura (quelle neurovegetative) o per malattia. Letteralmente significa retroazione biologica: un messaggio che monitorizza l’effetto biologico di un’emozione. Il p. è collegato, con elettrodi sul muscolo frontale, con un’apparecchiatura che trasmette segnali acustici e/o luminosi con minore o maggiore intensità a seconda dello stato di tensione del muscolo e quindi dell’ansia. Il soggetto riceve informazioni in tempi virtualmente reali sui cambiamenti biologici in conseguenza dei cambiamenti emotivi, e può così, dopo adeguato training, scoprire quali sono i pensieri (o le immagini) a contenuto ansiogeno e soprattutto quali quelli che riducono l’ansia.
7.7.f L’ipnosi è uno stato psicofisiologico, mediato dall’operatore, caratterizzato da restringimento della coscienza (torpore), modificazioni neurovegetative e del tono muscolare, inerzia psicomotoria, passività generale, suggestionabilità con capacità di memorizzare (e mettere in pratica in fase post-ipnotica), analgesia (può sostituire l’anestesia del dentista), possibilità di regressione d’età (per il recupero catartico di vissuti alla base di conflitti nevrotici). Le modificazioni somatiche, viscerali, neurologiche, psichiche sono possibili per via di prevalenti monoideismi plastici, etero o autoindotti, e per la prevalenza delle funzioni rappresentativo-emotive su quelle critico-intellettive. Inoltre l’ipnosi va distinta dalla semplice trance durante la quale si effettua una dissociazione dell’io. (Spinetti) L’ipnosi rappresenta uno stato particolare a sé stante (diverso dal sonno), che ha la possibilità di comunicare anche a livello verbale e determina regressioni e comportamenti che si possono definire parafisiologici e primordiali. L’ipnositerapia non consiste nella semplice induzione di uno stato ipnotico. Essa è invece il punto di partenza per una delicata e complessa psicoterapia breve che, secondo la patologia del paziente e il significato dei suoi sintomi, alla luce della dinamica del profondo, può ispirarsi ad una metodica umanistico-esistenziale attivando valori, scopi e significati dell’esistenza al momento; oppure servirsi, ad es., d’una metodica cognitivo-comportamentale destrutturando condizionamenti ed attivandone altri. Il meccanismo d’azione dell’Ipnosi è complesso, ma possiamo sintetizzarlo affermando che ha le sue basi nell’interdipendenza dei fenomeni psichici, somatici e viscerali e sui concetti basilari di unità psicosomatica. Attraverso l’Ipnosi vengono molto probabilmente suscitati dei riflessi condizionati suggestivi, in cui allo stimolo fisico condizionante è sostituita l’immagine di esso, con l’interessamento della corteccia cerebrale, della zona diencefalica e del complesso ipotalamico, con le molteplici correlazioni neuropeptidiche ed enzimatiche ormonali che ne derivano. (Collu) Altre terapie:
7.7.a l’agopuntura può avere efficacia in alcune patologie di natura dolorosa (stimolazione dell’apparato nocicettivo) inducendo secrezione di endorfine e, nell’elettro-agopuntura, di ACTH. E’ inoltre indicata nelle cefalee, nei disturbi digestivi, genitourinari e cardiovascolari su base psicosomatica e di stress, potendo avere azione sull’umore e sull’ansia.
7.7.b terapie basate su tecniche di meditazione (trascendentale, zen, yoga).
7.7.c fondate su un rapporto tipo maestro-allievo per valorizzare espressività e creatività (musicoterapia, danza-terapia, arte-terapia).
7.7.d consistenti in un maggior coinvolgimento in qualunque attività lavorativa o ricreativa o filantropica: terapia occupazionale.
7.7.e e ancora: visualizzazioni (imagery), sofrologia, rilassamento a induzioni multiple di Sapir, rieducazione psicomotoria di Ajuraguerra, regolazione attiva del tono muscolare di Stokvis, rêve-éveillé-dirigé (RED) di Desoille, rilassamento psicosomatico di Luban Plozza e Pozzi, la Guined Affective Imagery (GAI) o Vissuto Immaginativo Catatimico di H. Leuner, ecc.
7.8 Quasi tutti gli indirizzi prevedono applicazioni di psicoterapia di gruppo. – Gruppo non significa una flebo con tanti tubicini (Pinkus) bensì un setting che prevede un numero di p. (8-12 nel piccolo gruppo, 20-25 nel grande gruppo), quanto più possibile omogenei, riuniti in luoghi e tempi concordati, di solito assieme a conduttori esperti (per solito un maschio e una femmina), con il compito esplicito di indurre trasformazioni nel funzionamento della mente (21). Tali trasformazioni avvengono grazie all’attivazione, all’interno del setting gruppale, di fattori terapeutici che Yalom ha elencato in undici variabili: speranza (in antitesi al pessimismo), universalità (non si è unici nella personale problematica ma appartenenti al genere umano), conoscenza (apprendimento di nuovi aspetti propri e altrui), altruismo (scoprirsi capaci di offrire e disponibili a ricevere), ricapitolazione (rivisitazione delle esperienze infantili sul paragone con quelle altrui), socializzazione (fuga dall’isolamento), imitazione (per scongelare comportamenti rigidi e ripetitivi), catarsi (esprimere senza rischi qualunque emozione anche tumultuosa), fattore esistenziale (prendere confidenza, discutendone in gruppo, con le dimensioni basilari dell’esistenza: vita, morte, libertà, responsabilità, volontà, paura, odio, amore, ecc.), coesione (senso di appartenenza, spirito di bandiera), apprendimento interpersonale (corrispettivo gruppale dell’insight individuale). In MP sono particolarmente utili i gruppi di – analisi bioenergetica e gestaltica per svariati disturbi somatoformi – gruppoanalisi per la preparazione psicoprofilattica al parto – auto-aiuto per alcolisti, tossicodipendenti, obesi, infartuati, mastectomizzate (anche con familiari) – sostegno per cancerosi, per affetti da AIDS – istituzionali (in ospedale e nel day-hospital): sport-terapia, terapia occupazionale.

7.9 Farmacoterapia. Oltre ai sintomatici del caso sono indicati i sedativi, farmaci ottimi anche se comportano un minimo di dipendenza. Vanno preferite le benzodiazepine a dosi differenziate e a diversa emivita a seconda della necessità clinica, sempre valutando il rapporto rischio-beneficio. Larga parte dell’opinione pubblica teme gli psicofarmaci (unici ad essere discriminati con un prefisso: infatti non esistono cardiofarmaci, reumofarmaci, ecc.) per vari motivi:
7.9.a perché ancorata ai danni provocati dai vecchi prodotti ad azione sul SNC, quali i barbiturici e le amine simpaticomimetiche (entrambi oggi pressoché scomparsi dalle farmacie)
7.9.b perché indotta ad accomunare i farmaci agli stupefacenti (per colpa della legge 685 del 1975 che in effetti li considerò tutti insieme, seppure distinti in diverse categorie) 

7.9.c per un concetto morale che ritiene le “pillole rosa della felicità” (pink pills, happy pills) destabilizzanti e capaci di favorire solo l’evasione, il disinteresse (atarassia), la cultura nefasta del disimpegno, quando invece sono capaci di responsabilizzare l’individuo e restituirgli la serenità necessaria per un corretto giudizio della realtà e quindi per una condotta ottimale, al punto da venir definite sostanze ad effetto psicoterapicosimile.
7.9.d per una diffusa disinformazione, al punto che Bressa (32) ha stilato un decalogo delle sciocchezze sugli ansiolitici: 1 – Fanno male al fegato, 2 – Non ce se ne libera più, 3 – Sono inutili: bisogna usare la volontà, 4 – Aboliscono il sintomo ma non curano, 5 – Modificano la sessualità, 6 – Il farmacista mi guarda come se fossi un drogato, 7 – Non so che fanno: mi sembra di essere una cavia, 8 – E se quando smetto sto male di nuovo?, 9 – Chissà che penseranno gli altri sapendo che prendo questa roba!, 10 – Mi rimbambiscono ed annullano la volontà. Nei casi (frequenti) in cui l’ansia somatizzata si accompagni ad un abbassamento del tono dell’umore di rilevanza clinica è opportuno aggiungere un antidepressivo.

7.10 Farmacoterapia e psicoterapia possono coesistere e, anzi, spesso lo devono. E’ inaccettabile che qualche psicologo proibisca al suo p. di assumere farmaci; alcuni lo fanno ma commettono un grave errore sia tecnico (non esistono prove di un eventuale interazione negativa tra i due trattamenti) sia morale (è assurdo rinunciare al rimedi fin troppo diffusi in tutto il mondo e per la scoperta dei quali qualche scienziato ha meritato il Nobel, come è inumano rifiutare di portare un sollievo sintomatico al p. che soffre). E’ altrettanto errato che alcuni psichiatri svalutino il lavoro psicoterapeutico che un p. sta facendo con uno psicologo. Bisogna valutare con attenzione caso per caso.