Ecco la sintesi dell’intervista all’allora presidente della SIMP Ferruccio Antonelli
Croce – “….. in che modo nella particolarità della sua pratica e nella specificità della sua interpretazione si traduce il termine “psicosomatico”?
Antonelli – la psicosomatica è una corrente di pensiero per lo studio e la cura dei disturbi provocati o aggravati da situazioni emotive. È un modo nuovo di interpretare il rapporto medico-paziente.
È un diverso stile di esercitare la medicina centrandola più sul malato che sulla malattia, e restituendo dignità sia a chi soffre sia a chi cura…..”
Croce- Il fatto che l’approccio psicosomatico comporti anche una particolare filosofia della sofferenza determina che l’adesione ad una dimensione terapeutica fondata su tale approccio sia generalmente il frutto di una evoluzione personale, nel senso culturale e psicologico del termine.
Vorrei chiederle quale è stato per lei l’iter di tale evoluzione.
Antonelli – Vivere la medicina in chiave psicosomatologica richiede, si, una certa evoluzione, se non altro quella dell’esperienza professionale: il vecchio medico di famiglia è psicosomatologico per forza, magari anche a propria insaputa.
Però, in genere, più che di evoluzione, la psicosomatica ha bisogno di quel requisito caratterologico che si chiama dimensione umana e cioè disponibilità all’ascolto, alla comprensione, alla rassicurazione. Niente di eroico; è una caratteristica che, per solito, costituisce la motivazione prioritaria che ha indotto a scegliere la facoltà di medicina.
Per quanto mi riguarda, io ho sempre sentito in me questo “drive”, forse favorito dal mio impegno cattolico.
Ma quest’ultima circostanza è casuale: la psicosomatica non è legata ad alcuna ideologia; del resto, carità cristiana e solidarietà socialista, all’atto pratico, collimano.
[…] L’intervistatore chiede se “l’atteggiamento psicosomatico” sia anche il prodotto di una formazione e cosa ciò dovrebbe comportare in termini pratici
Antonelli – “……. La formazione, in termini pratici, è la somma di tre addendi: cultura, esperienza, specificità. La letteratura scientifica psicosomatologica è molto varia e sarebbe bene che i suoi cultori ne conoscessero gran parte; l’esperienza clinica con pazienti psicosomatici è la verifica necessaria per metabolizzare le teorie; la specificità permette di ridimensionare le pretese onnipotenti e limitare, con umiltà e onestà, il campo d’azione dell’intervento……..
Croce – A quali strutture, nella realtà sociosanitaria dell’Italia potrebbe rivolgersi chi, avvertendone l’esigenza, volesse cercare una formazione alla psicosomatica?
Antonelli– L’unica struttura che mi risulta è il “Corso quadriennale di formazione in medicina psicosomatica e psicoterapia” che la SIMP promuove a Roma, con il patrocinio del Ministero della Sanità (Direzione Generale Ospedali) e con la collaborazione dell’Istituto di Psichiatria dell’Università “La Sapienza” di Roma.
Un altro tipo di formazione è ottenibile frequentando i “Gruppi Balint”, che sono in corso, in modo pressochè permanente, in varie città d’Italia. La SIMP ha un proprio servizio, che fa capo al Dr. Parietti, in grado di organizzare un Gruppo Balint in qualunque centro venga richiesto da una dozzina di candidati.
L’intervistatore riferendosi a “psicosomatico” quale espressione di una deconnessione patologica della unità della persona chiede come tale deconnessione possa essere trattata
Antonelli –Più che di “deconnessione” parlerei di indebita ingerenza del mondo psichico in quello somatico e cioè di “somatizzazione di stati depressivo-ansiosi”. Un’ingerenza fisiologica è prevista dalla p.s. intesa come momento unificante e non certo come dicotomia.
Ma quando tale ingerenza supera determinati livelli quantitativi e qualitativi, si ha il disagio (distress), la disfunzione, l’alterazione, cioè il disturbo psicosomatico.
L’obiettivo prioritario dell’intervento psicosomatologico è il ristabilimento dell’equilibrio esistenziale a cui spesso segue la scomparsa (o almeno l’attenuazione) del disturbo e quindi la fine (o quasi) della sofferenza.
Croce – Almeno nella pratica della sofferenza l’atteggiamento psicosomatico si pone in una particolare relazione con la cultura filosofica e medica della nostra civiltà che ha la tendenza a scindere la dimensione organica da quella spirituale o psico-affettiva individuale.
In che relazione lei vede la psicosomatica con la cultura filosofica e medica del corpo in occidente?
Antonelli – Ogni movimento culturale raccoglie consensi o meno a seconda di quale cultura preesistente trova in ogni determinato ambiente. Nel Giappone, sensibilizzato dallo Zen, la psicosomatica si è imposta con straordinaria immediatezza ed in modo quanto mai naturale.
Nell’occidente europeo, esaltato dai trionfi della medicina organicista dell’ottocento e scottato dalla stregoneria medievale, la psicosomatica è stata accolta con cautela e persino diffidenza.
Ma lo stesso occidente ha sempre coltivato il primato dello spirito su materia, e questa tradizione ha finito col rendere accettabile in tempi brevi la psicosomatica riconoscendola come un progresso, quando non ha addirittura tentato di rivendicarne la paternità rispolverando le intuizioni “psicosomatiche” di eroi del suo mondo classico, come Ippocrate e Platone.
Croce – Si è detto che la medicina psicosomatica è in realtà l’espressione di un atteggiamento diverso di fronte al malato e alla sua sofferenza e che nell’approccio psicosomatico confluiscono le tecniche più diverse per la cura della malattia; una delle tecniche di elezione, in questo approccio, è la psicoterapia.
Secondo lei quali rapporti intercorrono tra psicosomatica e psicoterapia e quale è la reale applicabilità di quest’ultima nei casi di “malati psicosomatici”?
Antonelli – La psicosomatica non avrebbe senso di esistere se venisse disgiunta dalla psicoterapia. Le malattie “ex emotione” sono note da millenni; la novità è nella possibilità di prevenirle e di curarle.
Se il disturbo psicosomatico significa – come significa – un fenomeno che nasce nello psichismo e si manifesta nel corpo, è chiaro che la terapia causale è solo psicologica; altrimenti si avrebbe l’assurdo di voler abbattere un aereo con un siluro.
Il paziente psicosomatico ha poca disponibilità ad una psicoterapia analitica, frenato com’è dalla alexitimia, dal pensiero operativo, dal pregiudizio che identifica gli operatori psichiatrici con i “medici dei pazzi”, dalla mitizzazione degli esami di laboratorio e dei farmaci.
Ma alcune tecniche psicoterapiche moderne sembrano particolarmente accette agli psicosomatici proprio perchè “centrate sul corpo” (rilassamento, Gestalt, bioenergetica), e sono in grado di ottenere risultati positivi e persino in tempi brevi.
Croce– Non si può parlare di approccio psicosomatico se non si costituisce l’idea di messaggio, di comunicazione che la malattia il più delle volte costituisce; per cui lei è d’accordo sul fatto che l’atteggiamento psicosomatista comporta, per chi l’assume, una disponibilità all’ascolto e alla decodificazione del messaggio insito nella malattia?
Antonelli- La psicoterapia di un paziente psicosomatico è difficile perchè deve superare le barriere delle resistenze, dello scetticismo, della cultura organicista. In genere, qualche esperienza di training autogeno e qualche convincente spiegazione di tipo cognitivo sono in grado di stabilire un primo contatto e di sciogliere qualche riserva. Ciò che segue, se ci si riesce, è la psicoterapia vera e propria, il vero processo di insight e di crescita.
Croce – La disponibilità all’ascolto e alla decodificazione di ciò che il malato comunica con la sua sofferenza implica che si costituisca una relazione umana tra paziente e terapeuta; in una società come la nostra in cui la presenza tecnologica, particolarmente nel trattamento della malattia, diventa sempre più imponente, creando sempre più distacco tra il malato e il suo medico e riducendo sempre più lo spazio della relazione, quale futuro lei prospetta per la psicosomatica?
Antonelli-“……Nel clima della malattia, il rapporto medico-paziente non ha bisogno di essere cercato o creato; nasce per germinazione spontanea; il medico deve solo gestirlo.
Se lo fa bene, perchè adeguatamente formato in senso psicosomatologico, diventa medicina egli stesso e raddoppia le sue umane potenzialità di guarire……”